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martedì 31 ottobre 2017

L'arrivo a scuola


(Daniela)


Ore 8, arrivano in piccoli gruppi nel cortile della scuola, stanchi della strada, le guance rosa e la schiena curva. Si raggruppano, si salutano stringendosi la mano, chiacchierando un po'...
Il Maestro di scuola fa suonare la campanella, in fila per due entrano nella classe calda, dove il maestro ha già acceso la stufa al mattino.



Lasciano cappotto, berretto, cappello e guanti. Ognuno ha il suo banco per l'anno con il calamaio e l'inchiostro.
Curvi sui banchi di legno, scrivono in lettere rotonde, con tratti spessi e sottili, la massima del giorno, l'argomento della lezione, si applicano a scrivere una pagina con inchiostro viola tirando la lingua o pizzicandosi le labbra, intingendo regolarmente il loro pennino nei piccoli calamai di porcellana bianca.
Sotto l'occhio vigile del Maestro di scuola la giornata passa, il sudore, i timori, le buone e le cattive note, la ricreazione, le biglie, le chiacchiere e le risate dei ragazzi che fanno "la rotonda" o che giocano a campana...


- dal web -

lunedì 30 ottobre 2017

Il ricordo dell'autunno lontano

(Daniela)

- da un racconto di Annalisa Ferri -





Nel bosco umido che profumava di funghi vi era un groviglio di sentieri che portavano dalla valle coperta di nebbia che si alzava alla sera fino alla chiesa abbandonata, mentre le campane suonavano i vespri ed in ogni casa accanto al camino ci si segnava con la croce. In quei sentieri si perdeva, allo scendere del buio, un suono di flauto incerto, intonato da bambini di un tempo rimasti a giocare tra quelle piante, che rincorrendosi sotto il cadere incessante delle foglie gialle, suonavano acuti e melodie misteriose per identificare il loro nascondiglio. Nel borgo che lento si addormentava sotto la luna nuova e le ultime rose di Maria, restava nelle strade l'intenso odore di mosto che si mescolava all'odore antico dei primi camini accesi all'imbrunire, mentre sopra le montagne scure e basse le nuvole grigie e lunghe divenivano rosa ed i corvi tornavano nei nidi misteriosi alla pineta a stormi, a volte silenziosamente, altre donando una nota alla valle che nascondeva il lago.



Ogni sera, sotto la vite spoglia che iniziava a perdere le ciocche ora invecchiate, un anziano tagliava la legna come provvista per l'inverno in mezzo all'orto moribondo e l'eco sorda dell'accetta rimbombava per quei deserti vicoli, cadenzata, e nelle aie era un bollire di vino, nelle cantine era un misto di odori e colori nelle ceste: castagne, cachi, mele e noci erano poste su vecchie credenze come gomitoli di lana in un cestino antico, gli stessi mobili a specchio che un giorno videro fermarsi davanti la nonna con la treccia ai capelli appena fatta e che conservavano le tazze del caffè intessute di fili d'oro comprate in città per la colazione di Pasqua. Erano partire da giorni le rondini e nei nidi vuoti era rimasta qualche piuma come silenziosa attesa del ritorno, mentre gli occhi grigi del taglialegna si perdevano nel rosa del cielo, distratti solamente dalle storie inventate dalla nipotina che intorno saltellava in mezzo a quella cascata di foglie nell'aria frizzante del tardo pomeriggio, sotto alle piante del melograno.



 Ogni tanto si udiva ancora ripetuto ed ansimante quel suono di flauto che si alzava all'imbrunire ogni sera d'autunno e che intermittente si diffondeva nella valle e nel borgo, accompagnava il cammino della cercatrice di funghi, che col bastone respirava insieme al bosco i primi giorni di vero autunno, e ne tracciava il sentiero, mentre si inoltrava nella nebbia che lenta scendeva e si mescolava al fumo di fascine bruciate e legna di pini bagnati di resina d'oro. Il piccolo borgo adagiato sul colle aveva già le luci delle case accese, l'eco dei passi degli abitanti non si udiva più, né quello dei campanelli delle greggi, che al buio erano rientrate nelle loro dimore di fieno e paglia. Nel silenzio dell'autunno tornava il ritmo lento della vita, dove il battito del taglio della legna si alternava al suono scherzoso di flauto del soffio dispettoso dei bambini nascosti nel bosco ed il respiro della cercatrice di funghi che camminava nei sentieri alzava la nebbia scoprendo ancora quel borgo trapunto di rose mariane in mezzo alla vallata.



- Annalisa Ferri -

venerdì 27 ottobre 2017

La maestra, gli scolari e la parola "Piangere".



(Daniela)





Questa storia non è ancora accaduta, ma accadrà sicuramente domani. Ecco cosa dice.


Domani una brava, vecchia maestra condusse i suoi scolari, in fila per due, a visitare il Museo del Tempo Che Fu, dove sono raccolte le cose di una volta che non servono più, come la corona del re, lo strascico della regina, il tram di Monza, eccetera.
In una vetrinetta un po’ polverosa c’era la parola "Piangere".
Gli scolaretti di Domani lesserò il cartellino, ma non capivano.
- Signora, che vuoi dire?
- È un gioiello antico?
- Apparteneva forse agli Etruschi?
La maestra spiegò che una volta quella parola era molto usata, e faceva male. Mostrò una fialetta in cui erano conservate delle lagrime: chissà, forse le aveva versate uno schiavo battuto dal suo padrone, forse un bambino che non aveva casa.
- Sembra acqua, - disse uno degli scolari.
- Ma scottava e bruciava - disse la maestra.
- Forse la facevano bollire, prima di adoperarla?
Gli scolaretti proprio non capivano, anzi cominciavano già ad annoiarsi. Allora la buona maestra li accompagnò a visitare altri reparti del Museo, dove c’erano da vedere cose più facili, come: l’inferriata di una prigione, un cane da guardia, il tram di Monza, eccetera, tutta roba che nel felice paese di Domani
non esisteva più.

- G. Rodari -

da "FAVOLE AL TELEFONO"


sabato 21 ottobre 2017

Il padre, il figlio e l'asino


(Daniela)



C’era una volta un vecchio commerciante di stoffe di nome Lisandro che aveva un figlio giovane e forte che si chiamava Tobias. Un giorno, entrambi si misero in viaggio verso Roma per acquistare delle nuove stoffe che provenivano dal lontano Oriente. Partirono una mattina molto presto: il cammino era lungo e faticoso, per questo decisero di portare anche il loro piccolo asinello. La bestiola era giovane ma mansueta: spesso Lisandro lo portava con sé per giungere fino al mercato, caricando la sua schiena di pesanti tessuti e stoffe pregiate. Padre e figlio decisero di portare con loro l’asinello in modo che, portati a turno dalla bestiola, potessero alleviare la fatica del percorso.

Mentre il padre veniva portato dall’asinello e il figlio procedeva con i suoi piedi, i passanti, vedendoli, li schernivano: “Ecco!”, dicevano, “Un vecchietto moribondo e inutile, mentre risparmia la sua salute, fa ammalare un bel giovinetto!”. Tobias, sentendo queste parole, diceva ai passanti: ”Mio padre è anziano e io sono giovane e forte; per questo lui è trasportato dall’asino e io cammino a piedi!”. Ma il vecchio Lisandro si vergognò tanto che in un attimo saltò giù e ordinò a suo figlio di salire al suo posto, suo malgrado.

Così, il vecchio padre camminava a piedi e il giovane Tobias viaggiava comodamente sul dorso dell’asinello. Ma dopo poco, la folla dei viandanti non tardò a borbottare: “Ecco, un giovinetto pigro e sanissimo, mentre indulge alla sua pigrizia, ammazza il padre decrepito!”. Il ragazzo, vinto dalla vergogna, si sentì in colpa e costrinse il padre a salire sull’asino insieme a lui.

Così, venivano portati entrambi dall’unico quadrupede: il borbottio dei passanti e l’indignazione si accresceva, perché un unico piccolo e giovane animale era montato da due persone. “Povera bestiola, quanto peso è costretto a trasportare sulla sua giovane schiena!”. Padre e figlio, sentendo le chiacchiere della gente, si sentirono entrambi in colpa: scesero dall’asinello e decisero di procedere a piedi, liberando così la bestiola da ogni peso.



Allorchè si sentì, dopo poco, lo scherno e il riso di tutti i passanti: “Due asini, mentre ne risparmiano uno, non risparmiano se stessi”.
Allora il padre, stanco di tutti questi discorsi disse saggiamente: “Vedi figlio: nulla è approvato da tutti; ora ritorneremo al nostro vecchio modo di comportarci”.

La favola insegna che le persone intorno a noi, e che non ci conoscono bene, spesso ci giudicano facilmente qualsiasi cosa facciamo o diciamo. Bisogna sempre comportarsi correttamente senza dare troppo ascolto alle critiche degli altri che a volte sono poco costruttive e dannose per noi.


(dal web)


(Cliccate qui per la fiaba sonora)








Poesia di Lorenzo Pignotti tratta dal volume "Annibelli" di Luigi Ugolini e Armando Nocentini (Giugno 1950)

venerdì 20 ottobre 2017

L'avviso

(Daniela - Luna Nera)



La strada che portava alla chiesa attraversava il paese.
La vecchietta la percorreva ad occhi bassi biascicando qualche preghiera mentre di sottecchi guardava la gente. "Giovinastri… Ubriaconi… Svergognata… Sporcizia… Fannullone…"
Affrettava il passo per trovare la pace della preghiera.
Un giorno arrivò alla porta della chiesa e la trovò chiusa. Bussò. Niente da fare. Vide un biglietto attaccato con del nastro adesivo. Lo lesse. Diceva:




- don Bruno Ferrero -

mercoledì 18 ottobre 2017

Le castagne

(Daniela - Luna Nera)






Le castagne, sgusciate
fuor degli acuti ricci,
son dagli alberi arsicci
quasi tutte cascate.

Son cascate di quando
in quando al suolo nero,
con un tonfo leggero
ed un murmure blando.

Sono tornate monde
alla lor terra bruna
e liete, perché ognuna
il suo bene nasconde.

Ognuna sa che un giorno
sarà per una cena
quello che è il pane, appena
è levato dal forno:

e mammine e figliuoli
sogna affamati e chini,
ed ombre di camini
e fumi di paioli.


- Marino Moretti -


lunedì 16 ottobre 2017

Le bruciate

(Daniela)




Pagina dal libro scolastico "Incantesimo", fine anni '50.

venerdì 13 ottobre 2017

Giorno piovoso

(Daniela)



Il giorno è freddo, oscuro,
pien di tristezza.
Ulula il vento,
scroscia la pioggia.
Al muro, la vite
regge a stento.
Cadono al suolo
le morte foglie intorno.
Pien di tristezza, oscuro,
freddo è il giorno.


- Henry Wadsworth Longfellow -


giovedì 12 ottobre 2017

La via d'autunno del pellegrino

(Daniela Pecorari Bonfiglio - Luna Nera)

"da un racconto di Annalisa Ferri"




Prendendo il vecchio bastone nodoso dalla terra bagnata di rugiada, il pellegrino si alzò avvolto nel mantello pesante e scuro e guardò dritto verso la cima della collina, da cui il chiarore veniva fuori, lentamente, tra il suono degli uccelli che ad un ad uno si svegliavano sugli alberi, in mezzo alle gocce che si tratteranno sulle foglie prima di brillare alla luce del nuovo giorno.
Lenta tramontava la luna sottile sopra il bosco ancora coperto di ombre. Un grosso faggio aveva coperto durante la notte quel corpo stanco ed anziano, provato dagli anni e dalla neve d'inverno, dal caldo intenso in estate. Camminando lentamente si era addentrato nelle stradine bianche della via francigena, col suo rosario stretto nella mano e la prima nebbia dell'autunno a fargli compagnia.



Il silenzio irreale del primo giorno della stagione nuova si estendeva nella valle, tra le prime foglie gialle e rosse, nell'aria che si faceva fredda piano piano, nel sole che ogni giorno prima spariva dietro il campo delle noci. Il cammino riprese lento, nel fruscio dei passi e del bastone che li precedevano, con gli occhi grigi e scarni, con le mani rugose che sgranavano il rosario e tenevano stretto un medaglione con l'immagine antica dei genitori. Vedeva i ricci appesi custodire le castagne che maturavano nel silenzio del vento e camminava sotto le ultime rondini che provavano la partenza sui pali della luce altissimi, uscendo dai nidi che per tutta l'estate le avevano custodite e che in pochi giorni di calda primavera erano stati costruiti. Guardava le vigne che si aprivano alla sua destra, oltre un torrente mite, con i loro grappoli d'oro scaldati appena dal sole e sentiva quel profumo di vino misto a quello del fumo dei primi camini accesi, così leggero che si mescolava col chiarore del cielo.



Sentiva i passi dei gatti randagi nascondersi tra i rovi delle ultime more, mentre l'odore delle mele raccolte nei cesti grandi allietava quel primo mattino freddo. Brillavano dondolando le foglie strette degli ulivi presto pieni di olive mature da raccogliere nei giorni dal tramonto rosso affrettato dal canto degli uccelli. La strada sterrata bagnata di umido rilasciava lentamente il profumo di funghi che nascevano sotto alle foglie della quercia e nel sottobosco che iniziava a coprirsi di muschio e questo si arrampicava sul tronco degli alberi, per guardare quell'uomo devoto allontanarsi dalla vallata e camminare pregando in silenzio che i mesi non fossero cattivi per il borgo che lo aveva ospitato con discrezione.

- Annalisa Ferri -

mercoledì 11 ottobre 2017

Riva di pena, canale d'oblio

(Daniela)





Ora è la grande ombra d'autunno: 
la fredda sera improvvisa calata 
da tutto il cielo fumido oscuro 
su l'acqua spenta, la pietra malata.

Ora è l'angoscia dei lumi radi, 
gialli, sperduti per il nebbione, 
l'uno dall'altro staccati, lontani, 
chiuso ciascuno nel proprio alone.

Riva di pena, canale d'oblio... 
Non una voce dentro il cuor morto. 
Solo quegli urli straziati d'addio 
dei bastimenti che lasciano il porto.


- Diego Valeri -





martedì 10 ottobre 2017

La castagna

(Daniela - Luna Nera)






La castagna rotondetta
nella teglia buchettata
danza, salta, piroetta,
con la bocca spalancata.

Fa versacci a più non posso
perché il fuoco ch’è vicino,
che le arriva quasi addosso,
la solletica un pochino.

Le s’inchina la testina,
ed il cuore le si dora
come un cuor di pratolina.
L’aria, intorno, odora, odora.


- E. Gerin -




lunedì 9 ottobre 2017

“Il Re dell’Isola”



(Daniela)



Le belle storie, come le fiabe, non hanno tempo, e anzi, al tempo di internet, basta un post e tornano subito virali. 
E’ il caso de “Il Re dell’Isola”, libro e cortometraggio di animazione tutto “made in Genova”, un successo di qualche anno fa che in questi giorni sta di nuovo facendo il giro delle bacheche Facebook, ripreso anche dalla pagina “Cornigliano la Rinascita” con migliaia di visualizzazioni e condivisioni.


E’ una storia struggente, che appena uscita si guadagnò premi internazionali (Viewfinders Canada, A-Tube 2010, I castelli Animati, Festival del Cinema di Salerno, Giffoni Film Festival e Anima Mundi Brasile, per citarne alcuni), scritta da Ivano Baldassarre e trasportata nel mondo animato dal regista Raimondo Della Calce, titolare della Artfive, studio genovese con sede in corso Buenos Aires, specializzato in animazione.



Il marchio della Superba, del resto, è un segno distintivo di tutta l’opera: dal nome del protagonista “Gioannin”, alle voci dei personaggi, tutti con intonazione (còcina) tipicamente genovese, oltre naturalmente, all’ambientazione. Il porto è un fil rouge tra passato e presente (le scene iniziali hanno come sfondo il Porto Antico, con la bolla di Renzo Piano, l’Acquario e i giochi di piazzale Mandraccio) e l’immaginario che accompagna ogni genovese fin dall’infanzia. Nel mezzo, gli ingredienti tipici della fiaba, con un tocco di malinconia struggente, anche quella, se vogliamo, un po’ genovese.


“Ognuno porta dentro di sé un’isola costruita sul sogno, sogno che ricuce gli strappi, ma da cui puoi non risvegliarti... meglio toccare e stringere ciò che è vero, adesso”
conclude un Gioannin ormai anziano, regalandoci la morale della storia. Per scoprirla tutta e assaporare un’inedita Genova fiabesca non resta che guardare il bellissimo video fino alla fine, anche dopo la canzone finale.







sabato 7 ottobre 2017

"La pappa dolce"

(Daniela - Luna Nera)

Torniamo bambini con una breve favola dei fratelli Grimm.

Illustrazione di Vladimir Konashevich

C'era una volta una povera fanciulla pia, che viveva sola con sua madre; e non avevano più nulla da mangiare. Allora la fanciulla andò nel bosco e incontrò una vecchia che già conosceva la sua povertà, e che le regalò un pentolino.
Doveva dirgli: -Cuoci la pappa, pentolino!- e il pentolino cuoceva una buona pappa dolce di miglio; e quando diceva:
-Fermati, pentolino!- il pentolino smetteva di cuocere. La fanciulla lo portò a casa a sua madre: la loro miseria e la loro fame erano ormai finite, ed esse mangiavano pappa dolce ogni volta che volevano. Un giorno che la fanciulla era uscita, la madre disse: - Cuoci la pappa, pentolino!-. Quello fa la pappa ed ella mangia a sazietà; ora vuole che il pentolino la smetta, ma non sa la parola magica.


Così quello continua a cuocere la pappa, e la pappa trabocca e cresce e riempie la cucina e l'intera casa, e l'altra casa ancora e poi la strada, come se volesse saziare tutto il mondo, ed è un bel guaio e nessuno sa come cavarsela.


 Infine, quando non restava una sola casa intatta, ritorna a casa la fanciulla e dice: -Fermati, pentolino!- e il pentolino si ferma e smette di fare la pappa; e chi volle tornare in città, dovette farsi strada mangiando.

- Fratelli Grimm -


venerdì 6 ottobre 2017

Filastrocca della castagna

(Daniela - Luna Nera)



C’è un frutto rotondetto, 

di farina ne ha un sacchetto: 
se lo mangi non si lagna, 
questo frutto è la castagna. 
La castagna in acqua cotta 
prende il nome di ballotta. 
Arrostita e profumata 
prende il nome di bruciata. 
Se la macino è farina: 
dolce, fina, leggerina: 
se la impasto che ne faccio? 
Un fragrante castagnaccio. 

( Anonimo )




giovedì 5 ottobre 2017

Ottobre

(Daniela)



Ottobre,
il tuo pennello
dipinge i boschi
e i prati.
E’ pieno il mio cestello
di grappoli dorati.
La castagna ed il fico
sorridon tra le foglie:
“Viva l’autunno amico!
Siam di chi ci raccoglie”.


- Luigi Santucci -


mercoledì 4 ottobre 2017

San Francesco


(Daniela - Luna Nera)



SAN FRANCESCO

Parlava alle cicale, predicava agli uccelli,
e l’albero e l’arbusto erano suoi fratelli.
A la Vergine Santa, con l’anima amorosa 
volgendo la preghiera dicea: «Mistica rosa», 
poi levava la voce in gloria del Signore; 
dove posava il piede, ivi nasceva un fiore. 
Le agnelle al suo passar accorrevano liete, 
le tortore selvagge rendeva mansuete, 
ai lupi furiosi donava la dolcezza: 
tanta virtù gentile avea nella carezza! 
Amava con l’esempio ornare le parole,
e gli umili diceva simili alle viole,
chè germoglian fra 'l verde modeste ed ignorate
ma d’un sottile aroma nel calice beate; 
Il Santo aveva lacrime per tutte le sventure, 
lieto benediceva tutte le creature: 
aveva l’anima pura come il fiore del giglio, 
la carità splendeva soave nel suo ciglio: 
la carità che i poveri e i dolenti consola; 
come una fonte limpida era la sua parola.

martedì 3 ottobre 2017

Ottobre

(Daniela - Luna Nera)



Son spariti i fiori e le farfalle,
e per le strade spesso si cammina
sopra il tappeto delle foglie gialle.
Alla scuola ritornano i bambini
con dentro al cuore un po’ di nostalgia.
Il mosto nuovo bolle già nei tini,
e nei campi la terra arata freme
sotto il passo dei bovi. Il contadino
sparge nei solchi lentamente il seme.


- Zietta Liù -


lunedì 2 ottobre 2017

Ai nonni



(Daniela)

Oggi 2 ottobre si festeggiano i Nonni!





I nonni sono grandi ma tornano bambini
quando ridono e giocano con i nipotini.
Raccontano le storie di tanti anni fa,
di quando erano piccoli la mamma ed il papà.

Ci tengono per mano con tanta tenerezza
ed hanno nello sguardo infinita dolcezza.
Per sempre, nonni cari, io vi ringrazierò…
Da grande, queste coccole, a voi io le farò!

- Patrizia Mauro -


domenica 1 ottobre 2017

Io sono Ottobre


 - Daniela -







Io sono ottobre che stringo il vinello;
nei solchi nuovi ci semino il grano;
metto di nuvole ai monti un cappello,
guido dai monti le pecore al piano.
lo sono ottobre che dice ai figliuoli:
V'aspetto a scuola per farvi più buoni.


- Otto Cima -