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lunedì 30 aprile 2018

Il pergolato di glicine

(Daniela)
- Un racconto di Annalisa Ferri -




Erano legati i batacchi delle campane delle due chiese del paese. Quella più antica, con grosse finestre altissime attendeva il momento della resurrezione accanto alla rocca sulla quale volavano le rondini fino al tramonto e scambiavano la grande postazione della finestrella ad arco con una famiglia di grifoni. La chiesa più giovane, circondata di ulivi, ascoltava il vento che sulla staccionata suonava melodia di oboe e flauti accompagnato dal nitrito di giovani puledri che nei campi vicini pascolavano senza posa.



 Il paese si preparava al rito della via Crucis immerso nella primavera, fra i luppoli nati all'ombra dell'edera e nella quiete di un tempo lontano. Un'anziana donna che viveva in una grande casa nel mezzo del paese, aveva finito di cuocere le pizze pasquali dalla lunga lievitazione, perché poi, nel momento in cui il Cristo si concedeva al Padre, i lieviti non potevano essere messi a cuocere. Nella sua sala da pranzo che dava sul bosco pieno di riflessi d'oro e di diverse tonalità di verde, aveva posto in fila una decina di pizze gonfie e profumate, coperte ora da teli con ricamate le sue iniziali.



Ogni tanto si recava nella stanza con le tende tirate quasi a far davvero riposare quei gonfi palloni. La casa era imbevuta di profumo che si univa a quello delle begonie appena innaffiate ed a quello intenso del glicine sbocciato. Vi era infatti nel cortile un pergolato che da anni faceva ombra alle giornate ed era la prima pianta a ricevere la luce del sole e l'ultima a lasciarla, quando si abbassava tra il bosco e solo il picchio ogni tanto ciarlava.



 Quando in autunno i fiori e le foglie cadevano, il tino mandava in alto il profumo di mosto e faceva tornare quel viola perduto. In estate invece il glicine riparava le ricamatrici, accoglieva i sospiri delle ragazze intente nella lettura e vegliava i sonni del gatto bianco e nero. Tra glicine dolce in primavera si nascondevano le farfalle innamorate e le api rubavano il nettare melenso, curiose, spiavano quell'amore che durava un giorno, l'unico della loro vita. Mentre espandeva per le vie quel dolce soffio come dono silenzioso, nel paese si preparava il piccolo altare per la processione della via Crucis che al tramonto avrebbe coinvolto tutte le case:



ogni vicolo nascosto si trasformava in una delle quattordici stazioni che la comunità avrebbe rivissuto tra vasi di fiori posti accanto a candele e torce fumanti, fino a giungere davanti a quel glicine umile, che guardava vergognoso del male in basso, capovolto come morì Pietro. Composto, il paese in fila pregava dopo il canto nella messa dei Vespri dell'Agnus Dei e dopo la processione la luna alta nel cielo mostrava il suo volto rotondo e color cenere, mentre in silenzio il paese si chiudeva nelle case a pregare ed il bosco illuminato di luce mesta vegliava mormorando sulla vallata argentata e sconfinata nell'eco di un lontano sussurro. A questa piangendo rispondeva il glicine che cantava solitario i canti della passione ed attendeva la resurrezione nel luccichio della prima rugiada posata sui suoi occhi viola nell'alba.



- Annalisa Ferri - 



sabato 28 aprile 2018

La scodella del nonno

(Daniela)


Fiaba dei Fratelli Grimm tratta dal volume "Annibelli" di Luigi Ugolini e Armando Nocentini - Illustrazioni di Roberto Sgrilli - Società Editrice Internazionale (Giugno 1950)




C’era una volta un vecchio nonno, ma tanto vecchio, che non ci vedeva quasi più e le mani gli tremavano, non aveva più denti, e quando mangiava, la minestra gli ricadeva dalla bocca sulla tovaglia. E per questo, suo figlio e sua nuora non lo vollero più a tavola con loro e il povero vecchio, solo e malinconico, mangiava la sua zuppa nel canto del fuoco.

Un giorno, che le mani gli tremavano più del solito, ecco che la scodella gli scivola di mano e si rompe in mille pezzi. La nuora colmò il vecchio di rimproveri e la sera a cena, gli versò la zuppa in una ciotola di legno: “Almeno, questa non la romperete”.
Quand’ebbe finito di cenare, ecco che il nipotino, un bimbo di pochi anni, si mise a giocare sul pavimento della cucina, e i suoi genitori videro che egli cercava di rimettere insieme i cocci della scodella rotta dal nonno.
“Che cosa fai?” gli domandarono.
E il bimbo rispose: “Accomodo la scodella per dar da magiare al babbo e alla mamma, quando saranno vecchi”.
I genitori si guardarono, fecero il viso rosso e vennero loro le lacrime agli occhi.
Sì, era giusto che fosse così. Anche loro, da vecchi, sarebbero stati trattati dal figlio, com’essi avevano trattato il povero vecchio.
Si pentirono del loro cattivo cuore e ripresero a tavola il nonno e da allora in poi ne ebbero cura.

- Fratelli Grimm -
dal libro:

giovedì 26 aprile 2018

La stagione più bella

(Daniela)


Ecco ecco ch’è arrivata
primavera colorata
con il sole
con le viole
con i gridi
con i canti dentro i nidi.
Son fioriti i biancospini.
Poi verranno i maggiolini
con le rose rosse e gialle.


Son tornate le farfalle:
sono bianche
sono stanche:
or nei prati di velluto
il leprotto muto muto
va a cercare fra il trifoglio
pian pianino “l’erba voglio”.
Là nel bosco profumato
canta il merlo innamorato.


Mentre cento e più ranocchi
solo pancia solo occhi
fanno in coro: “cre, cre, cre”.
Nel cortile le galline
fanno tutte: “co-co-dè”.
Deponendo i bianchi ovini
per la Pasqua dei bambini.


- L. Galli -

mercoledì 25 aprile 2018

Il sole e le viole

(Daniela)



Che calduccio stare al sole 
presso l’uscio di campagna;
pare che odorino le viole 
lungo i cigli della via. 


La via è bianca e azzurro il cielo 
e verdina la pianura; 
c’è nell'aria come un velo 
che avvolge campi e mura. 


Una voce molle molle, 
una voce roca, roca 
par che nasca dalle zolle 
e trapunga l’aria fioca. 


E' un fanciullo che ripete 
la poesia sotto il sole. 
Sulle guance rosse e liete 
Gli occhi son due viole. 


(Pier Paolo Pasolini)


(da:  http://ww2.raccontidifata.com/, immagine Elina Ellis)


martedì 24 aprile 2018

Uno gnomo in giardino

(Daniela)




Nell'Olanda del Nord viveva un modesto mugnaio che lavorava da mattina a sera per soddisfare i bisogni della sua famiglia.
Una volta, mentre era intento al lavoro, udì una vocina che chiedeva disperatamente aiuto. Il mugnaio si precipitò nella direzione da cui proveniva l'invocazione e, con grande stupore, vide un esserino simile a una bambola che stava per essere schiacciato dalla macina del mulino. Senza pensare ai danni che avrebbe potuto subire, immediatamente l'uomo allungò un braccio traendo in salvo la piccolissima creatura.
Appena l'ebbe tra le mani, si accorse che si trattava di una gnoma. La minuscola donna lo guardò ancora tremante; il mugnaio l'accarezzò con la sua mano callosa delicatamente, quasi per paura di farle del male.

La gnoma si tranquillizzò, gli sorrise e poi fuggì via, lasciando l'uomo col dubbio di aver sognato ogni cosa.
Trascorsero solo pochi minuti quando ecco riapparire la gnoma, seguita da tanti ometti simili a lei. Il più anziano disse al mugnaio: 
- Hai salvato la vita a mia moglie perciò noi ti saremo grati per tutta la vita. Se ci permetterai di abitare nel tuo mulino non avrai mai a pentirtene.

L'uomo, ancora sbalordito, riuscì solo a balbettare: - Ma... sì, certamente. Restate finché volete...
Da quel giorno la famiglia degli gnomi stabilì la sua dimora in mezzo alle scure, tiepide travi del mulino a vento.
Gli ometti stavano attenti che non scoppiassero incendi e avvertivano il loro amico del sopraggiungere di temporali o di bufere di neve; il mugnaio poteva legare così le pale del mulino ed evitare danni.
Se qualcuno dei familiari del mugnaio si ammalava, lo gnomo portava erbe medicinali capaci di curare ogni malattia.



A volte bastava che appoggiasse la sua piccola mano rugosa sulla fronte dell'ammalato perché questo guarisse immediatamente.
Insomma andava tutto bene al mulino e anche a livello economico il mugnaio non aveva più alcun problema.



Il suo benessere e la sua tranquillità suscitarono l'invidia di alcuni vicini, i quali misero in giro la voce che l'uomo si dedicava alla magia nera. C'era gente che non prestava orecchio a questi pettegolezzi, ma le chiacchiere comunque continuavano alienando molte simpatie al mugnaio e ai suoi familiari.
Nella casa di uno dei vicini più gelosi e maldicenti abitava Lisa, una bambina di undici anni, con le trecce bionde come il grano. Era una ragazzina dolce e paziente; conosceva tutto sugli animali e sulle piante e riusciva a modellare l'argilla con rara abilità.
Il suo animo gentile e la sua disponibilità verso gli altri rendevano difficile credere che fosse figlia di genitori così gretti e di mentalità tanto ottusa, ma purtroppo a volte capita.

La graziosa ragazza aveva sentito tutte le storie che circolavano nel suo villaggio sul mugnaio e sulla sua fortuna. Aveva subito capito che il benessere di quell'uomo e della sua famiglia era opera degli gnomi e non della magia nera, come gli altri volevano far credere.
Più di ogni cosa al mondo Lisa avrebbe desiderato avere uno gnomo tutto per sé; ma questo non era possibile perché, a causa dei suoi insopportabili genitori, i magici omini non si sarebbero mai fermati in casa sua.
Un giorno la ragazza modellò con l'argilla uno gnomo a grandezza naturale e lo portò a cuocere nel forno del vasaio, che fu felice di poterle fare un favore.
Quando l’ebbe riavuto, Lisa dipinse il cappello dello gnomo di blu, la blusa di rosso e i calzoni di verde come gli stivali. Intagliò anche nel legno una piccola carriola e la sistemò con la statuetta nel giardino di casa.



I suoi genitori risero di tutto questo, ma non osarono togliere la statua. Gli gnomi del mulino corsero subito nel giardino di Lisa a vederla, appena lo vennero a sapere. Si commossero molto e, per dimostrare alla ragazza la loro simpatia e gratitudine, ogni mese da quella volta le portarono un regalo.
Col passare degli anni la dolcezza e la forza di carattere della giovinetta ebbero un'influenza così benefica che i suoi genitori diventarono più aperti e generosi. Come risultato e con una certa fortuna, divennero anche più ricchi.
Ma come sempre ci furono quelli che interpretarono tutto questo a modo loro e cominciarono a dire in giro: - Chi ha una statua di gnomo nel giardino diventa ricco.
Tutte sciocchezze, lo capirete bene. Ma idee del genere trovano terreno fertile tra la gente.
E perciò da allora è nata la tradizione in alcune famiglie di mettere in giardino la statua di uno gnomo, con o senza carriola, in attesa della buona fortuna!



(leggenda olandese dal web)

giovedì 19 aprile 2018

Disgelo

(Daniela)



Case nel sole: una striscia di giallo,
di scialbo giallo, su prati nevati.
Alberi, dietro: alti pioppi sfumati
dentro un sottile pulviscolo d'oro.
Lucide chiazze di cupo viola
sui tetti bianchi: la neve si sfa.
Finestre aperte; bucato a festoni;
donne affacciate.... E' l'inverno che va...



- Diego Valeri -






mercoledì 18 aprile 2018

L'umiltà non fa rumore

(Daniela)
Una breve storiella che di storiella ha ben poco, piuttosto rispecchia la realtà di oggi.


"Bambino, camminavo con mio padre, quando all’improvviso lui si arrestò ad una curva e, dopo un breve silenzio, mi domandò:
"Oltre al canto dei passeri, senti qualcos’altro?
Aguzzai le orecchie e dopo alcuni secondi gli risposi:
"Il rumore di un carretto.
 "Giusto - mi disse - è un carretto vuoto però".
 Io gli domandai: "Come fai papà a sapere che si tratta di un carretto vuoto, se non lo hai ancora visto?"
 "È facile capire quando un carretto è vuoto. Poiché, quanto più è vuoto, tanto più fa rumore".
Passarono gli anni, divenni adulto. E anche oggi, quando osservo una persona che parla troppo, che interrompe le conversazioni di altri, che è invadente e si vanta delle doti che presume di avere, che è prepotente e ritiene di fare a meno degli altri, ho l’impressione di ascoltare la voce di mio padre che dice:
"Quanto più il carretto è vuoto, tanto più fa rumore...".
Vi sono persone tanto povere che non hanno altro se non denaro

Nessuno è più vuoto di chi è pieno di sé
L’umiltà consiste nel tacere le proprie virtù per permettere agli altri di scoprirle.
L’umiltà, serena e mansueta, 
giunge in fondo alle radici in silenzio, nutrendole.
L’umiltà non fa rumore.


(dal web)


martedì 17 aprile 2018

Rami di pesco (2)

(Daniela)



Ferma al quadrivio, mentre piove e spiove
sotto l’aspro alternar delle ventate
schioccanti come fruste sulle facce
di chi va, di chi viene, una vecchietta
vende rami di pesco.
O primavera
per pochi soldi! O riso, o tremolìo
di stelle rosee su bagnate pietre!
Scompare agli occhi miei la strada urbana
con fango e folla e strider di convogli
sulle rotaie, e saettar nemico
d’automobili in corsa. Ecco, e in un campo
mi trovo: è verde, di frumento appena
sorto dal suolo: pioppi e gelsi intorno
con la promessa delle fronde al sommo
dei rami avvolti in una nebbia d’oro:
e peschi: oh, lievi, oh, gracili, d’un rosa
che non è della terra: ch’è di tuniche
d’angeli, scesi a benedire i primi
germogli, e pronti, a un alito di brezza,
a rivolar da nube a nube in cielo.


- Ada Negri -





(Illustrazione modificata)

lunedì 16 aprile 2018

Di nuovo Primavera

(Daniela)


Il muro finora coperto di grigio,
 è ora fiorito di glicine e verde.
Una bimba vestita d'azzurro
raccoglie,
 nell'ampia gonna a corolla,
margherite presto dimenticate
e disperse.
Di nuovo, primavera,
parli e risvegli
da un sonno solitario
il vecchio giardino
dal cuore assopito.


sabato 14 aprile 2018

La mia casetta

(Daniela)



La mia casetta ha due finestre sole, 
ma fiorite che sembrano un giardino.
Ci sono tanti garofani e viole 
e un po' di maggiorana e rosmarino. 
E, dentro, è tutto lindo e tutto bello,
e lustro come sa lustrar la mamma;
quando crepita allegra nel fornello 
par che goda a specchiarcisi la fiamma.
Oh, com' è cara questa mia casetta 
dove la mamma tutto il dì lavora, 
dove la sera ognun di noi s'affretta 
e nell' essere insieme si ristora.


- Lina Schwarz -

martedì 10 aprile 2018

La pioggia

(Daniela)



La pioggia picchietta
sommessa, argentina
nella via un po’ stretta
e narra una favola
piccina piccina,
d’insetti, di passeri,
di grilli, di fiori,
di piccoli cuori:
per loro ogni gocciola
che stride, saltella
che sfrigge, che mormora
è come una stella.


- Olga Visentini -

lunedì 9 aprile 2018

E' vero?

(Daniela)




E’ vero?
Dimmi nonnina mia,
dimmelo è vero
che una volta tu
c’eri ed io non c’ero?
Mi pare un sogno!
Se non c’ero io
a chi potevi dir “tesoro mio?”
Chi veniva a cercarti la mattina
per avere il confetto o la mentina?
Per chi facevi dunque le scarpette,
le sottane di lana e le magliette?
Chi ti veniva a saltellare intorno
e ti faceva giocare tutto il giorno?
Io proprio nonnina mia lo chiedo a te:
Come potevi star senza di me?

- Arpalice Cuman Pertile -

sabato 7 aprile 2018

Perché una rondine fa primavera

(Daniela)







Il volo della rondine tra miti, leggende, arte e cultura popolare.



Le puoi osservare poggiate sui tetti, sul bordo di un nido fatto di fango. Ogni primavera è diversa dall'altra, ma di una cosa puoi essere sicuro se guardi il cielo: puoi vedere le rondini, piccole sagome, inconfondibili, con la coda a punta e un volo fatto di splendidi cerchi.

Da più di duemila anni le rondini sono nel nostro cuore. Le rondini fanno parte della nostra cultura e del nostro immaginario comune, forse non immagini neanche quanto.




Partiamo da un proverbio italiano: "una rondine non fa primavera". Lo avrai sentito mille volte, ma probabilmente non sai che è una frase di Aristotele. Tratta dal saggio Etica Nicomachea e diventata col tempo uno dei proverbi italiani più conosciuti, ci invita a non tirare conclusioni affrettate badando solo alle apparenze.
Basterebbe già questo motto popolare così antico per capire che le rondini, con la loro bellezza e leggerezza, sono nel nostro cuore da migliaia di anni. Infatti non c'è una sola cultura del Mediterraneo che non abbia, in qualche modo, adorato la rondine dedicandole miti, poesie, leggende, fiabe e persino capolavori d'arte sacra.



Il volo della rondine nelle diverse culture.




La rondine è protezione, la rondine è speranza. Nell'Islam la rondine è il simbolo della buona compagnia e viene chiamata “uccello del paradiso”, i Greci la vedevano così bella e leggera che la consideravano un dono di Afrodite. Per i romani le rondini erano una manifestazioni dei Lari, le divinità protettrici della case degli uomini: infatti costruiscono il nido proprio sotto i nostri tetti e vivono molto spesso vicino a noi.




Gli antichi egizi, invece, raccontavano che la dea Iside si trasformava in una splendida rondine, la notte, per piangere attorno al sarcofago del marito, il dio Osiride, annunciandone il ritorno dal regno dei morti. Anche nella tradizione cristiana la rondine rappresenta la resurrezione e la passione di Cristo, per questo il suo elegante profilo compare in molte rappresentazioni sacre come la splendida "Madonna della Rondine" di Carlo Crivelli 

(National Gallery, Londra).






C'era una volta la rondine: la rondine nei libri.

Piccola, delicata o paziente. Non c'è da stupirsi che la rondine sia stata scelta come protagonista da tanti scrittori di favole, poesie e racconti per bambini. Esopo la fa diventare protagonista di diverse delle sue celebri fiabe di animali. In una di queste storie troviamo appunto una rondinella che, parlando con un usignolo, lo vuole convincere a fare il nido “sotto il tetto degli uomini e a condividere la loro dimora”, ma purtroppo non riesce a fargli cambiare idea. Quello di Esopo è un modo poetico e geniale di raccontarci l'eterna vicinanza tra la casa della rondine e quella degli uomini.

In un'altra fiaba, La Fontaine descrive la rondine come un'esperta viaggiatrice che ne ha viste di cotte e di crude e che, una volta tornata a casa, cerca di mettere in guardia gli uccellini dalle crudeli reti dei cacciatori, ma neanche questi la vogliono ascoltare. I numerosi viaggi compiuti trasformano la rondine, agli occhi dello scrittore, in un grande simbolo di saggezza. Anche i poeti sono rimasti colpiti dalla straordinaria vicinanza tra la vita delle rondini e quella degli esseri umani. Nella poesia X Agosto, Giovanni Pascoli usa la rondine per descrivere l'intenso rapporto d'amore che lega un padre ai suoi piccoli, e arriva a chiamare “nido” la casa della sua infanzia.






Il fascino immortale della rondine.


Letteratura, miti e poesia. Da sempre la rondine esercita questo fascino sull'uomo. Ma come mai? Il punto cardine delle suggestioni esercitate dalle rondini sull'uomo è la ciclicità del tempo. Tutte le civiltà antiche erano ossessionate dallo scorrere del tempo e dalla sua misurazione. Misurare il tempo voleva dire controllarlo, programmare la semina e i raccolti, in un certo senso, prevedere il futuro. Per questo gli uomini sono sempre rimasti di stucco nel vedere con che puntualità le rondini tornano dal loro lungo viaggio in Africa proprio nei primi giorni di primavera.

In fin dei conti la rondine rappresenta un nuovo inizio. Lo prova un altro proverbio popolare italiano che dice “San Benedetto, torna la rondine al tetto”, il giorno di San Benedetto infatti secondo il calendario cristiano è proprio il 21 marzo, l'inizio della primavera. Anche i cinesi riconoscevano alla rondine questa straordinaria capacità naturale di regolarsi in base alle stagioni, precisa come un orologio svizzero, e chiamavano l'equinozio “il giorno delle rondini”. Un momento magico celebrato con riti di fecondità. Secondo alcune leggende una ragazza che avesse mangiato un uovo di rondine in questo periodo sarebbe rimasta miracolosamente incinta. La rondine comune è anche diventata l'uccello-simbolo dell'Estonia: per gli estoni, la rondine è simbolo di libertà e di felicità eterna. Secondo le credenze estoni, se qualcuno uccide una rondine diventa cieco.








Purtroppo, le rondini stanno scomparendo.

Le rondini sono nei libri di poesia, nelle canzoni alla radio, nelle fiabe e nelle leggende dei popoli antichi. Purtroppo però sono sempre meno là dove dovrebbero essere: nei nostri cieli.
Oggi, secondo i dati di Birdlife, negli ultimi 10 anni in Europa la popolazione delle rondini è calata del 40% rispetto al passato. Dal 1970 ad oggi sono scomparse in Europa oltre 6 milioni di coppie.

E il motivo è fin troppo semplice: le rondini per secoli hanno contato su di noi, non potevano sapere che noi saremmo cambiati così rapidamente. Ora la loro stessa sopravvivenza è minacciata dal nostro stile di vita aggressivo per l'ambiente.
La rondine comune (Hirundo rustica) fa il nido dove vive l'uomo, usa i tetti delle stalle e delle abitazioni come appoggio per i suoi tipici rifugi fatti con il fango e le pagliuzze che trova vicino agli allevamenti di bestiame. Anche per trovare il cibo le rondini si sono sempre aggirate nelle nostre campagne che ospitavano una biodiversità fatta soprattutto di piccoli insetti che proliferano attorno agli stagni e agli spazi incolti.



Ma le nostre campagne si sono trasformate velocemente.

I principali nemici della rondine oggi sono i cambiamenti climatici e la desertificazione, la distruzione dei nidi e l'uso indiscriminato dei pesticidi. Se ci pensi, è proprio l'uomo ad aver voltato le spalle alla sua fedele "vicina di casa". Cosa possiamo fare per rimediare a questo errore? Possiamo proteggere e conservare gli angoli di biodiversità che ancora esistono nelle nostre campagne. Possiamo ripensare il nostro modo di lavorare la terra, tornando ad un'agricoltura più tradizionale, meno aggressiva e più rispettosa dell'ambiente. Preferendo i pascoli aperti all'allevamento intensivo, evitando l'uso indiscriminato di pesticidi in favore di metodi alternativi, conservando i piccoli stagni e le siepi, installando nidi artificiali. Possiamo cercare di ritrovare quel contatto profondo con la natura, quel legame che abbiamo perso.




(testo da:  http://www.lipu.it/ - illustrazioni dal web)

venerdì 6 aprile 2018

Il verde prato

(Daniela - Luna Nera)



Accanto a casa mia c’è un verde prato
con tanta biancheria che asciuga al sole;
luogo di corse, salti e capriole
per i bimbi di tutto il vicinato.
Ci vanno anche le bimbe grandicelle
coi piccini attaccati alle gonnelle,
e spesso qualche tremula vecchietta
siede lì al sole a far la sua calzetta.
Che brulichìo di bimbi, che sussurro!
E in alto come ride il cielo azzurro!

- Lina Schwarz -


giovedì 5 aprile 2018

Il tuo nido

(Daniela)





Gli uccelli hanno il loro nidietto
tiepido, sotto la gronda
o appeso ad un ramo che dondola;
che piccola casa gioconda!
Ma tu pure hai il tuo nido, bambino
Piccolo? Povero? E sia!
Ma bello così che, se passa,
vi fa visita la poesia.
E' un nido tranquillo, sicuro,
che non teme bufera:
c'è sempre un cuore di mamma
che veglia, che arde, che spera.
Non ha di ricchezza alcun segno
ma a braccia aperte t'aspetta,
t'accoglie: è il tuo piccolo regno.
E quando tu, bimbo, sei buono
la gioia ti chiede d'entrare,
il sole ti porta un bel fiore
da mettere sul davanzale.
E allora sorride il Signore.


- Graziella Ajmone -


mercoledì 4 aprile 2018

Pioggia d'aprile

(Daniela)






Nuvole pazzerelle!
Scherzano su nel cielo
in un momento intessono
intorno al sole un velo.

Poi leste quattro gocciole
di pioggia spruzzan giù:
e al sol fuggendo, gridano:
“Adesso asciuga tu!”.


- Lina Schwarz -


Lina Sc

martedì 3 aprile 2018

Nonna, mi racconti una fiaba? (Aprile)

(Daniela)




La domanda inaspettata della piccola Delia (5 anni) aveva colto la nonna di sorpresa. Un attimo di smarrimento, poi si era salvata in corner ricucendo qualche frammento sbrindellato di fiabe e leggende rimaste sullo sfondo della sua fanciullezza. Ma appena possibile era corsa in libreria e aveva acquistato qualche libro che potesse aiutarla al bisogno. Adesso, nei giorni di pioggia, o la sera quando si fa buio, o prima di addormentarsi se rimane a dormire dai nonni, la bimba chiede quasi sempre alla nonna di leggerle una favola. E le suggerisce anche quale. Le conosce tutte ormai ed ha le sue preferite. E guai a sbagliare, o a cambiare qualche parola. Lei interviene subito: “Ma nonna, cosa dici, perché non ti ricordi?”, e le fa ripetere la frase precisa come sta scritta. “Da quando poi, per distrarla da qualche contrarietà, o da qualche piccola baruffa, ho provato a sceneggiare e mimare la vicenda”, racconta la nonna, “non si accontenta più della semplice lettura. Vuole che rifaccia anche le voci maschili o femminili, o il verso degli animali, i gesti… Gradisce un mondo i racconti nei quali sono protagonisti i suoi genitori o i nonni, o altri familiari. E quando, nella finzione, vengono a trovarsi in difficoltà, si fa un sacco di matte risate”. Il pediatra dice che leggere ai bambini è molto importante perché la lettura crea un mondo magico nel quale essi si ritrovano alla perfezione. È come iniziare un viaggio emozionante, costruito sulle ali della fantasia, che porta i bambini in un mondo nuovo tutto da scoprire. La lettura aiuta a sviluppare il linguaggio, l’immaginazione, la creatività; aiuta a scrivere con maggiore proprietà ed inventiva. Se poi si riesce a passare al racconto ideato al momento dall’adulto e portato avanti a due o a più voci dai bambini, allora diventa ancor più esilarante e in grado di creare in essi fiducia e autostima.



domenica 1 aprile 2018

Pasqua

(Daniela)



Tre campane ha il campanile
che fan festa a tutto il cielo,
son fioriti il pesco e il melo;
e vicino al dolce ovile
è tra i fiori un'acqua chiara
che rallegra e che consola;
è nei cuori una parola
che ogni fior sbocciando impara.
Oggi è Pasqua d'ogni fiore;
è la festa del Signore.

Giù dai monti il pastorello
per la Messa arriverà
col vestito nuovo e bello
per la pia solennità:
e il viandante frettoloso
ed il povero mendìco
troveranno un tetto amico
e buon pane e buon riposo.


- Luisa Nason -